Il prospetto meridionale, icona di Palermo

 

L'insieme della torre campanaria e del prospetto meridionale della nostra Cattedrale, che si apre all'ammirazione dei visitatori di Palermo lungo il Corso Vittorio Emanuele, l'antico Cassaro, è l'immagine della nostra città più amata e più diffusa nel mondo.
Il prospetto meridionale si estende da occidente ad oriente ed è compreso tra le torri angolari di sud-ovest e sud-est.

Davanti ad esso si estende il "planum Ecclesiae" la cui pavimentazione è stata realizzata, su progetto dell'Architetto Vincenzo Gorgone, nell'anno 2000. Il piano è circondato da una balaustra marmorea sui cui pilastri sono poste le statue dei Santi patroni di Palermo, dei Papa di origine palermitana e di altri santi legati alla nostra città.

Il primo ordine del prospetto è costituito dal corpo basso delle navate realizzato in seguito ai lavori del grande restauro di fine XVIII sec. Il tessuto decorativo è costituito dalle sottolineature delle monofore che si aprono ritmicamente sulla parete delle cappelle e si conclude con la caratteristica merlatura. In continuo con il corpo delle cappelle è il primo livello delle sacrestie che oggi ospitano il tesoro della Cattedrale.

 

 

Il portico meridionale

Il primo ordine del prospetto è interrotto dal portico meridionale realizzato da Antonio Gambara nel 1453. Esso, secondo gli ultimi recenti studi, è stato realizzato reimpiegando elementi di precedenti analoghe strutture.
Il portico è contenuto fra due piloni laterali, ognuno dei quali è organizzato in un triplice ordine, a schema ripetuto, decorato con due monofore cieche. I piloni sono finemente decorati nelle pareti con un fitto merlato inciso nella pietra e nei capitelli di appoggio degli archi ogivali.

Si accede al portico da tre arcate ogivali, con quella centrale più ampia ed elevata rispetto alle laterali, decorate da cornici tortili, che poggiano su capitelli fioriti. Il tutto è sostenuto da esili colonne di probabile reimpiego come dimostra la prima a sinistra che porta scolpita una pagina del Corano.

Nella parete tra le arcate ed il fregio del frontone un accurato restauro ha recentemente portato alla luce un prezioso "albero della vita", che per contenuto e qualità del racconto è databile nel XIII secolo. In esso con un simbolismo caro alla cultura medioevale si indicano le virtù che l'uomo deve esercitare per aver ragione delle sue debolezze ed essere così degno della Luce salvifica di Cristo.

Il frontone, nella sua trave di sostegno, è decorato da una processione di santi  interrotta da quadroni con gli stemmi del regno di Sicilia,del Senato Palermitano e della Cattedrale.

Da sinistra procedono le Sante Vergini, che hanno testimoniato con il martirio la loro fede,

seguono i profeti che hanno annunciato la venuta di Cristo. Da qui inizia la sequenza degli Apostoli che hanno risposto alla chiamata di Gesù; sono seguiti dai Dottori della Chiesa.

Chiudono la processione dei santi gli Evangelisti che hanno raccolto e tramandato, ispirati da Dio, la Parola.

Le figure delle Vergini e dei Profeti, racchiuse in anguste nicchie sono di fattura medievale, le altre stilisticamente riferibili all'arte rinascimentale sono ritenute coeve alla realizzazione del portico.

Sopra, il timpano è dominato dalla figura di Dio Padre al centro della scena della Annunciazione, contornata da decorazioni con "girali flamboyants". Il messaggio è abbastanza esplicito per il fedele: egli redento dalla venuta di nostro Signore, superando il peccato che lo allontana da Dio, esercitando la virtù dei Santi, realizza il suo fine ultimo di essere ammesso al cospetto di Dio, che qui è raffigurato in abiti papali sia per la volontà degli Aragonesi di manifestare la loro unione alla Chiesa di Roma che per volere ribadire come in essa si prefigura la Gerusalemme celeste.

Tracce di "sfavillante" colore sono state ritrovate in tutte le zone del prospetto del portico, quasi che Antonio Gambara avesse voluto realizzare un "retabo" con un impianto scenico di grande effetto. Lo spazio interno è diviso in tre campate coperte con volte a crociera, a sesto rialzato, con i costoloni che poggiano all'interno su capitelli pensili e verso l'esterno sui capitelli della quattro colonne.

Sulla pareti del portico sono contenute diverse lapide commemorative. Sulla parete di sinistra è posto il bassorilievo commemorativo della incoronazione di Vittorio Amedeo Savoia, Re di Sicilia nel 1713, realizzato nel 1714 da G.B. Ragusa. Ai lati di questo sono poste, all'interno di nicchie, le statue dei Santi Evangelisti Giovanni e Matteo di Antonello Gagini. Sulla contrapposta parete di destra è allocato il bassorilievo che ricorda l'incoronazione di Carlo di Borbone (1735). Ai suoi lati, in nicchie, sono state poste le statue di S. Marco e S. Luca di A. Gagini. Le statue dei quattro Evangelisti provengono dalla Tribuna del Gagini che decorava il catino absidale all'interno del Tempio.

Il portico custodisce lo splendido portale, anch'esso di Antonio Gambara, costruito nel 1426 nella occasione della incoronazione di Alfonso il Magnanimo. L'arco di ingresso, a sesto acuto sottolineato dalla pronunciata fascia spiraliforme, è sostenuto da sei colonne di cui quattro tortili intervallate da cimaste con intarsi di figure floreali e immagini antropomorfe. Sui capitelli decorati con fogliami poggia l'arco il cui sviluppo, verso l'alto, è ritmato in ghiere aggettanti l'una sull'altra e sottese da cornici spiraliformi. Nella ghiera centrale campeggia lo stemma della Maramma. La cornice esterna dell'arco porta le raffigurazioni dei Santi Evangelisti e degli Apostoli, con al centro il riquadro del Padre benedicente, che quasi sembrano sostenere il mosaico in cui il Cristo è in braccio alla Madre
Non vi è dubbio che la ricerca estetica è assoggettata alla volontà didascalica di ammaestrare il fedele che fà ingresso nel Tempio, come se dovesse esser attraversata la "Ianua Coeli", intento che è ripreso da Francesco Castellamare nella realizzazione del portone ligneo del 1432.


 

 

la parete della navata centrale

 

Il secondo ordine del prospetto è dato dalla parete della navata centrale come ci è pervenuta dal tempo dei normanni. Davanti ad essa sono poste le cupolette con i caratteristici lanternini che danno luce all'interno della navata laterale. La parete è percorsa da una teoria di monofore che si alternano aperte e cieche. In origine lungo la parete si potevano contare 20 bifore, tutte aperte. Esse sono incorniciate da decorazione a tarsia lavica, rieseguite secondo gli antichi disegni. Sopra di esse corre una fascia di decorazione a tarsia lavica. La parete è chiusa in un sistema decorativo fatto di cornici che la percorrono in tutta la sua lunghezza. In esso prevale il motivo delle facce zoomorfe che precede la merlatura conclusiva.
La navata centrale è interrotta dal corpo del transetto il cui paramento murario è scomponibile in tre ordini.Il primo ordine, costituito da un susseguirsi per tutta la superficie di monofore cieche ad archi a sesto acuto incisi sui conci, si replica nel secondo dove sono aperte, una per lato, monofore che danno luce all'interno.Il terzo ordine è scandito da cornici a sbalzo. Le pareti sono chiuse dalla classica merlatura.

 

La Cupola e le pareti del zona del Santuario


Il prospetto è dominato dalla grande cupola, realizzata in stile neoclassico tra il 1781 ed il 1801 su progetto di Ferdinando Fuga e innestata nel punto di incrocio tra la navata centrale ed il transetto. Essa è scomponibile in tre parti. La prima è costituita dal tamburo in cui si aprono ampie finestre rettangolari separate l'una dall'altra da pilastri incisi sui conci, la cui linea continua nella parte superiore nei costoloni che reggono la calotta. La chiave di chiusura del complesso sistema è data dalla lanterna sfinestrata, su cui campeggia la grande Croce in ferro.
La cupola, pur nella sua intrinseca bellezza, rompe l'equilibrio stilistico e volumetrico dell'intero complesso. Sono state elaborate diverse proposte per modificarla in modo tale da essere congrua con il contesto, oggi la si è accettata quale testimonianza dell'evolversi del gusto architettonico e del modo di esprimere il sentire religioso.
Dopo il transetto si estendono le pareti del Titulo e dell'Antitulo dell'antico tempio normanno, i cui paramenti murari sono stati mantenuti. La parete del Titulo non chiude più alcun spazio interno. In essa si aprono tre delle quattro primitive monofore anch'esse contenute in una doppia ghiera decorata con motivi a sbalzo. Tra le finestre vi sono dei tondi decorati anch'essi a sbalzo. 
L'Antitulo gualteriano mantiene all'esterno l'aspetto originario. Al grande oculo, riaperto dopo i recenti restauri, seguono quattro alti archi, semi ogivali, che comprendono due ordini di monofore che danno luce al loggiato che corre all'interno della struttura.
A Titulo ed Antitulo sono addossate le sacrestie, oggi sale del tesoro della Cattedrale

 

Le pareti delle sacrestie

Più scenografico il paramento murario della sacrestia oggi detta dei canonici. Il suo corpo basso è stato costruito nel XIII secolo come dimostra la decorazione costituita da una ritmica successione di colonnine pensili. Essa richiama quella del terzo ordine delle torri. Le brevi colonne, che contengono nicchie trilobate scavate nei conci, poggiano su capitelli pensili e reggono stretti archi ogivali strombati. 
Tra un arco e l'altro sono inserite raffigurazioni di teste umane o di animali. Le pareti sopra la fascia decorativa appena descritta, sono relative al sopraelevamento della sacrestia, realizzato nel XIV secolo.
Partendo dal lato occidentale si sviluppa una teoria di monofore, dove è ripetuto lo schema delle due monofore aperte seguite da una chiusa. Tutte, fortemente strombate, hanno archi a sesto acuto, più stretto e pronunciato nella monofora chiusa. Gli archi delle monofore cieche sono sottolineati da due ghiere, quelli delle finestre aperte da tre ghiere. Tra una ghiera e l'altra una ricca fascia di motivi floreali incisi sui conci.
Conclude il prospetto meridionale la torre angolare, il cui lato meridionale nel 1574 è stato arricchito dell'orologio opera di Vincenzo Gagini.

 
 

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